di essere proprio un bel pompelmo!!
domenica 12 dicembre 2010
L'Orsigna
Tratto da “In Asia” di Tiziano Terzani
Per i “Racconti d'estate” 1997 il Corriere della sera diede come tema ai suoi collaboratori “un luogo”. Non mi vennero in mente né Saigon né Benares, ma...
L'Orsigna: ultimo amore. (domenica , 24 agosto 1997)
Le streghe erano tre. Stavano sedute sui rami alti del noce accanto alla fontana. Confabulavano e ridevano. Dapprima Ettore sentì solo le loro voci, poi, aguzzando gli occhi già abituati al buio della notte perché tornava a casa dopo aver giocato a carte con gli amici, le riconobbe. Volle scappare, ma anche le streghe avevano riconosciuto lui e la più vecchia lo bloccò con la sua maledizione: «Ettore, quel che hai visto scordatelo. Se mai ti esce una sola parola di bocca, subito morirai» ...
venerdì 10 settembre 2010
lunedì 12 luglio 2010
Sul Ring
domenica 11 luglio 2010
Lindbergh
Treno di Ferro
c'è un treno di ferro
con il cuore di calce
il soffio di acido e veleno
una valanga d'amore contro un bicchiere d'aceto
dopo l'ultimo bacio
prima del fischio del treno.
(I. Fossati)
Cercando
martedì 22 giugno 2010
sabato 12 giugno 2010
Bird
Bird, il suo nome, bird, vecchio pistolero, il più vecchio, con strade sulla faccia, camminate da infinite sparatorie, diceva Shatzy. Gli occhi deglutiti dal cranio, e mani di ulivo, le mani veloci, rami d'inverno. Stanchi. Il pettine, al mattino, bagnato d'acqua, rigare i capelli bianchi all'indietro, trasparenti, ormai. Polmoni di tabacco nella voce che piano dice: che vento, oggi.
Niente di peggio che non morire, per un pistolero.
Cos'è allora questo strisciare nella nebbia delle mie cataratte, costretto a contare le ore, io che conoscevo gli istanti, ed era l'unico tempo che esisteva per me. Lo scarto di una pupilla, le nocche sbiancate intorno a un bicchiere, uno sperone nel fianco del cavallo, l'ombra di un'ombra sul muro blu. Ci ho vissuto eternità, dove gli altri vedevano attimi. Per loro era come lampo ciò che per me era una mappa, una stella dove io vedevo cieli. Io pensavo dentro pieghe del tempo che per loro erano già ricordo. Non c'è altro modo, mi avevano insegnato, per vedere la morte prima che arrivi. Cos'è allora questo strisciare nella nebbia delle mie cataratte, costretto a spiare le carte degli altri, mendicando battute dalla mia sedia, sempre quella, in seconda fila, la sera a tirare sassi ai cani, in tasca soldi da vecchio che le puttane non vogliono, li prenderà un mariachi, quando verrà, che sia triste e lunga la tua canzone, ragazzo, dolce la tua chitarra e lenta la tua voce, io voglio ballare, questa notte, fino al tramonto di questa notte, io ballerò.
Clay "Bird" Puller. Morirà in un modo bellissimo, diceva Shatzy. Gliel'ho promesso: morirà in un modo bellissimo.
Alessandro Baricco
Lamento
martedì 20 aprile 2010
Waking Life
domenica 11 aprile 2010
Lento
lunedì 15 marzo 2010
Alonso Chisciano
ho solo il vento per barriera
Ah, che cavaliere triste
in realtà avevo dato il cuore
alla luna
e la luna l'ho barattata col temporale
e il temporale con un tempo ancor meno normale
e il tempo stesso con una spada
che mi accompagnasse
fuori dei confini di quello che è reale.
E più mi accorgo di amare l'ignota destinazione
più lungo sterpi e rovesci
non ritorno.
A me, a me, a me
una pazzia d'argento
al mio cavallo una pazzia di biada
Ah, come hai potuto pensare
di cambiarci la strada
che se la morte è soltanto un mare
vedi, mi ci tuffo vestito
Ahi, polvere delle mie strade
ah, scintille del mio mare inaridito
come hai potuto pensare
di spogliarmi proprio adesso
giro nel mio deserto e fa lo stesso
Per non scalfire il tuo senso morale
ma dentro
caro il mio ingegnoso narratore, dentro,
dentro è tutto un altro carnevale
Mi porto dietro latta, legni
l'antico arsenale
carambole di fantasmi io conservo
conservo pezzi di temporale
le chiacchiere sul mercato
che vergogna, che spavento
la normalità eterna
Risvegliarmi un'altra volta senza fiato
fra il pianto scemo del barbiere
e il sudore muto del curato
io qui vedo l'orizzonte
e faccio finta di accettare
le predizioni della scimmia che indovina
Io, tirar di scherma con la grandine, le dame.
Ah, che compagnie infelici
cavalieri di specchi, minestre di radici
dormo nella follia
e tutto il teatro con me
Ma senti che odore di carta e incenso
da una parte ti dico grazie
e dall'altra continuo
solo e senza corpo a scornarmi con il vento.
domenica 28 febbraio 2010
giovedì 11 febbraio 2010
L'uomo che verrà
Il film di Diritti, che avevo già avuto modo di apprezzare ne "Il vento fa il suo giro", è un'opera necessaria e urgente. Ci ricorda da dove veniamo, che il nostro mondo non nasce spontaneamente dal nulla, che (per dirla con Majakovskji) l'avvenire non è venuto da solo. E, in parte, sarebbe storia che si potrebbe apprendere sui libri. Ma lo sguardo che il regista (nonché sceneggiatore) propone non è una veduta aerea, da cui si osservano fazioni opposte che si fronteggiano a suon di artiglieria, tra le quali è fin troppo facile schierarsi; lo sguardo che Diritti propone è quello di una bambina, è uno sguardo ravvicinato, che vede e non capisce. Dagli occhi di quella bambina si racconta, senza rinunciare alle ombre, una vicenda della resistenza partigiana conclusasi tragicamente; ma si racconta anche un mondo ormai scomparso, che a malapena trova qualche piccolo aggancio, nella mia mente di uomo alle soglie dei quaranta, tra i ricordi della mia infanzia. E la ricostruzione di quel mondo contadino - fatto di miseria e duro trarre dalla terra quanto necessita per vivere, ma anche di saggezza, coraggio, e una ricca umanità fatta di rituali e vera solidarietà - la ricostruzione di quel mondo, dicevo, si spinge alla fine sottigliezza dei dettagli. Solo uno sguardo attento può essere in grado di raccontare così bene una storia, un mondo. Certe inquadrature sono così pregne, i colori così reali, che di una stanza da letto sembra di sentire gli odori.
Non so: la storia raccontata è talmente drammatica che da un certo punto in poi vorresti alzarti, andare a fermare la pellicola, per ripararti dal dolore del tragico epilogo, ma.
Ma io ho provato nostalgia per quel mondo scomparso: quel mondo, solo raccontato, mi è parso più vero di tanto nostro condurre vicende sfilacciate - spesso virtuali - che sanno più di disordinato intrattenimento che di vita reale.
Il bimbo, divenuto adulto, piange. La libertà ereditata, costata sudore e sangue, abbandonata incurantemente in un angolo della stanza, se l'è fatta sottrarre durante il sonno. Finito il dovuto ma tardivo lamento, senza memoria, toccherà capire tutto da capo, rimboccarsi le maniche, chiamare compagni, riscoprire valori, andarsi a riprendere il bene più prezioso.
domenica 7 febbraio 2010
Asciutta gentilezza
E' domenica mattina, chiamo con speranza e timore, per chiedere il favore che mi tiri fuori dalla situazione in cui mi sono cacciato - per eccesso d'orgoglio, testardaggine, fiducia nella sorte, imprudenza. Dall'altra parte Claudio risponde, quasi si scusa: se mi dai 5 minuti arrivo.
Claudio ha mani enormi, che sembrano confermare le teorie evolutive, buone per stringere, avvitare, impugnare. La mia mano sparisce nella sua quando ci presentiamo. Gli espongo il problema. Lui non fa una piega, mette in moto un cingolato, prende un cavo d'acciaio, con pochi gesti semplici ed essenziali, lo fissa al trattore e si parte alla volta della mia macchina finita in fondo ad una discesa dopo aver pattinato sul fango di una strada di campagna imbevuta dalla pioggia di giorni e giorni. Claudio parla poco, frasi brevi: le istruzioni sulla mia parte in quell'operazione che gestisce con la sicurezza di un capitano che tiene saldo il timone della sua nave. Io sono un po' impacciato con la camicina marrone e le scarpe che sono un blocco di fango. "Levati il grosso prima di salire in macchina", "frega le scarpe a questi rami che tanto poi li bruciano", "tieni il motore acceso, per lo sterzo e i freni, ma non mettere mai la marcia". Quando la macchina sta per uscire di lato, verso il fosso e un ulivo lì piantato, mi fa cenno di controsterzare, accelera con il cingolato portandosi quasi tra i rovi dalla parte opposta, ed è fatta.
In pochi minuti la macchina è tratta in salvo, con mio enorme sollievo, che già la vedevo abbandonata lì per mesi, visto che il padrone della casa lì vicino mi aveva detto, la notte prima, che bisognava aspettare mesi affinché il terreno asciugasse.
Claudio mi fa cenno di seguirlo all'officina, lascia il mezzo dove l'aveva preso, ripone il cavo, e mi porge un ferro con una punta ricurva: "usa questo per pulire le scarpe".
Io gli sono riconoscente, non so come altro ricompensarlo se non con i biglietti colorati che tengo nel portafoglio. Lo vedo che si vergogna a prenderli: "che mi vuoi dare per forza i soldi, mi bastava un caffé". So che quei biglietti separano, chiudono la questione, relegano un favore e uno scambio umano alla dimensione del rapporto commerciale, ma chissà quando ripasserò da Poppiano. Insisto, perché è giusto che si prenda una ricompensa per l'immenso favore che mi ha fatto. Claudio guarda in basso mentre prende i soldi. Ci risalutiamo con una stretta di mano, posso tornare a casa sul mio ferro con quattro ruote. Non è più quello che conta, piuttosto il fatto che non scorderò più, cercherò di conservare, il ricordo della sua asciutta gentilezza.