venerdì 30 novembre 2012

Fil di Ferro

Macerie e devastazione sono ciò a cui siamo scampati. Appena dietro, appena ieri, è la forza distruttrice che ci ha lasciati nudi.
Ci allontaniamo piano, di scappare correndo non c'è bisogno, perché le forze contrapposte hanno finito per annientarsi, oltre che annientare.
Se la direzione è solo fuga, senza meta cui puntare, la nostra fuga ha una lentezza che sa di pace. E del miracolo della vita che insperatamente può continuare.


Basta un asino da montare, nudi e a pelo, bastano i suoi lenti passi nella sconfinata distesa senza strade, basta il nostro due a sopravanzare di un'infinità l'essere soli.
Appoggio le mani sul collo caldo dell'animale che ci porta, alla base della criniera ispida e disordinata, mentre tu ti concedi il riposo, minimo ma confortante, della tua fronte adagiata sulle mie spalle.
Nell'indifferenza del dove, il palmo delle tue mani assapora la piccola immensa gioia dell'andatura inspiegabilmente retta, attraverso i muscoli delle natiche della generosa bestia, che si contraggono e rilasciano ad ogni passo.
La notte, per quanto fredda e buia, pare un manto tenero, che avvolgendoci nell'oscurità ci protegge.
Andiamo, siamo salvi, tu ed io, e tutto attende di poter vivere un nuovo inizio.