domenica 7 febbraio 2010

Asciutta gentilezza

Claudio "operaio". Così è scritto su un compensato attaccato a un cancello in via di Poppiano. Seguono due numeri di telefono: i due numeri che mi possono salvare.
E' domenica mattina, chiamo con speranza e timore, per chiedere il favore che mi tiri fuori dalla situazione in cui mi sono cacciato - per eccesso d'orgoglio, testardaggine, fiducia nella sorte, imprudenza. Dall'altra parte Claudio risponde, quasi si scusa: se mi dai 5 minuti arrivo.


Claudio ha mani enormi, che sembrano confermare le teorie evolutive, buone per stringere, avvitare, impugnare. La mia mano sparisce nella sua quando ci presentiamo. Gli espongo il problema. Lui non fa una piega, mette in moto un cingolato, prende un cavo d'acciaio, con pochi gesti semplici ed essenziali, lo fissa al trattore e si parte alla volta della mia macchina finita in fondo ad una discesa dopo aver pattinato sul fango di una strada di campagna imbevuta dalla pioggia di giorni e giorni. Claudio parla poco, frasi brevi: le istruzioni sulla mia parte in quell'operazione che gestisce con la sicurezza di un capitano che tiene saldo il timone della sua nave. Io sono un po' impacciato con la camicina marrone e le scarpe che sono un blocco di fango. "Levati il grosso prima di salire in macchina", "frega le scarpe a questi rami che tanto poi li bruciano", "tieni il motore acceso, per lo sterzo e i freni, ma non mettere mai la marcia". Quando la macchina sta per uscire di lato, verso il fosso e un ulivo lì piantato, mi fa cenno di controsterzare, accelera con il cingolato portandosi quasi tra i rovi dalla parte opposta, ed è fatta.
In pochi minuti la macchina è tratta in salvo, con mio enorme sollievo, che già la vedevo abbandonata lì per mesi, visto che il padrone della casa lì vicino mi aveva detto, la notte prima, che bisognava aspettare mesi affinché il terreno asciugasse.
Claudio mi fa cenno di seguirlo all'officina, lascia il mezzo dove l'aveva preso, ripone il cavo, e mi porge un ferro con una punta ricurva: "usa questo per pulire le scarpe".
Io gli sono riconoscente, non so come altro ricompensarlo se non con i biglietti colorati che tengo nel portafoglio. Lo vedo che si vergogna a prenderli: "che mi vuoi dare per forza i soldi, mi bastava un caffé". So che quei biglietti separano, chiudono la questione, relegano un favore e uno scambio umano alla dimensione del rapporto commerciale, ma chissà quando ripasserò da Poppiano. Insisto, perché è giusto che si prenda una ricompensa per l'immenso favore che mi ha fatto. Claudio guarda in basso mentre prende i soldi. Ci risalutiamo con una stretta di mano, posso tornare a casa sul mio ferro con quattro ruote. Non è più quello che conta, piuttosto il fatto che non scorderò più, cercherò di conservare, il ricordo della sua asciutta gentilezza.

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